VCO – 4-11-2025 – Era iscritto alla Cisl Tarcisio Valci, il lavoratore morto lunedì mattina a Crevoladossola per una tragica caduta sul lavoro. Le condoglianze del sindacato non tardano: "Siamo scossi dalla notizia - affermano i segretari generali della CISL del Piemonte Orientale Elena Ugazio e della Filca Carlo Rivellino - per la morte di Tarcisio, nostro iscritto. In attesa che gli organi preposti accertino le cause affermiamo che ogni vita spezzata è una ferita per tutta la comunità".
Con l’ennesimo incidente mortale, il tema della sicurezza sul lavoro riemerge. Lo si dice ogni volta ma l’argomento finisce sempre in secondo piano. Eppure non occorrerebbe attendere la tragedia per tornare a porre al centro dell’attenzione di tutti, a cominciare dalla politica (anche quella locale), il tema dei morti e degli infortuni sul lavoro, ma anche – e non è meno spinoso – quello delle malattie professionali. Il lavoro, sempre, dovrebbe essere fonte di vita, non di morte.
Abbiamo chiesto a Iginio Maletti (Cisl VCO), che da anni si occupa di queste problematiche, di delineare il quadro della situazione.
- Tavoli tecnici e molte parole sulla sicurezza del lavoro. Un anno fa in prefettura si parlò di prevenzione, cosa è stato di quell’incontro? Nelle giornate del cordoglio si dice sempre che occorre fare di più. Cosa?
Il Tavolo tecnico della Prefettura del VCO, gestito direttamente dalla Prefettura, è dedicato a uno dei settori più delicati, quello dell’edilizia. Riunisce tutti i soggetti coinvolti: le organizzazioni sindacali rappresentate dalle federazioni di categoria dei lavoratori, le associazioni datoriali e gli enti competenti. E’ un importante spazio di confronto e collaborazione per affrontare insieme il tema della sicurezza sul lavoro. Con il cambio alla guida della Prefettura attendiamo la sua riconferma e la convoca.
A Novara, proprio la settimana scorsa abbiamo avuto il primo incontro ufficiale, invece, ad esempio, si è scelto di costruire un percorso diverso, un tavolo tecnico promosso dalla Prefettura che opererà però in modo autonomo e coinvolge tutto il mondo del lavoro. Ne fanno parte ASL Novara, enti, parti sociali e ordini professionali del territorio, con l’obiettivo di promuovere la cultura della prevenzione e la tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Questo Tavolo nasce da una collaborazione ormai consolidata tra ASL, INAIL, Ispettorato del Lavoro, scuole, associazioni di categoria e organizzazioni sindacali, che negli anni hanno sviluppato progetti, attività formative e iniziative di sensibilizzazione. Ora però si tratta di fare un passo in più: le azioni tecniche, le analisi, le proposte e ciò che viene elaborato dovrà diventare concretezza di facile comprensione nelle scuole e nei luoghi di lavoro a chi lavora.
- Com'è la situazione nel VCO?
Partiamo dai dati, che però vanno sempre interpretati con attenzione. Nel 2023 le denunce di infortunio sul lavoro nel VCO sono state 1.306, mentre nel 2024 sono salite a 1.421. Gli infortuni mortali, invece, erano 7 nel 2023, 5 nel 2024 e, al 31 luglio 2025, se ne contava 1, a cui purtroppo si aggiunge l’episodio accaduto proprio ieri.
È importante chiarire che si tratta di denunce di infortunio gravi o mortali: l’INAIL, insieme agli altri enti competenti e all’autorità giudiziaria, prende in carico ogni caso e ne verifica la natura. Per esempio, se un lavoratore ha un malore sul posto di lavoro e decede, parte comunque una denuncia di infortunio mortale, che sarà poi confermata o meno in base agli accertamenti. Poi abbiamo gli infortuni in itinere, spostamento casa lavoro dove la prevenzione non può essere che quella stradale.
Quindi i numeri servono a monitorare, ma non vanno interpretati in modo meccanico. Ci ricordano, tuttavia che l’attenzione deve restare alta: gli infortuni, anche non gravi, sono episodi che accendono una spia e richiedono un’analisi approfondita, perché potrebbero ripetersi o indicare criticità organizzative. Non si tratta solo di adempiere a un obbligo formale, ma considerare l’infortunio come “evento sentinella” per migliorare la sicurezza aziendale. Un campanello d’allarme che riguarda tutti, imprese, lavoratori, enti e istituzioni. La
sicurezza non è un dato, ma un impegno quotidiano che deve tradursi in prevenzione reale nei luoghi di lavoro.
C’è poi un elemento strutturale che va sempre ricordato: più del 90% delle aziende del VCO ha tra 1 e 10 addetti.
Parliamo quindi di una realtà fatta soprattutto di microimprese, dove spesso mancano risorse e competenze dedicate alla sicurezza. In questo contesto, il ruolo degli enti bilaterali è stato e resta fondamentale.
- Cosa ha fatto il sindacato per questa materia?
Il sindacato, su salute e sicurezza, è impegnato da sempre e su più livelli. A partire dal territorio, creando sviluppo di sinergie con tutti i portatori di interesse, il lavoro che negli anni abbiamo fatto, in materia, con gli enti bilaterali e con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale (RLST), portano tutela nelle piccole aziende anche nel VCO, parliamo di una realtà dove oltre il 90% delle imprese ha meno di dieci addetti.
Abbiamo fatto molto, sia sul piano operativo che normativo: a livello nazionale e regionale abbiamo contribuito all’elaborazione di regole più efficaci, e proprio nel 2023 la Regione Piemonte ha approvato una DGR specifica dedicata al rafforzamento della prevenzione.
Sul territorio siamo quotidianamente a disposizione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, costruendo percorsi formativi sempre più qualificati, occasioni di confronto diretto con gli enti preposti e strumenti pratici per migliorare il loro operato per la prevenzione.
C’è ancora tanto da fare e noi lo sappiamo bene. L’impegno del sindacato su questi temi è quotidiano, come quotidiane sono le risorse e l’attenzione che mettiamo per rendere la sicurezza un diritto concreto in ogni luogo di lavoro.
- Gli ultimi provvedimenti del governo possono essere utili?
Sì, possono essere utili perché introducono strumenti e misure che vanno nella direzione giusta: più prevenzione, formazione, vigilanza e incentivi per le aziende virtuose. È positivo che si parli di badge digitale nei cantieri, di tracciabilità, di sorveglianza sanitaria e di una formazione più estesa anche alle piccole imprese.
Tuttavia, la vera sfida è far sì che tutto questo diventi realtà nei luoghi di lavoro. Servono decreti attuativi chiari, risorse adeguate e controlli efficaci: solo così le nuove norme potranno tradursi in più sicurezza e meno infortuni.
Ma non possiamo ignorare il contesto in cui queste misure si inseriscono, attenzionando fenomeni nuovi. In tutto il Paese esiste una fascia di lavoro “paraschiavistico”, come lo definisce la sociologia: non è vera schiavitù, ma sfruttamento estremo e mercificazione della persona. Parliamo di milioni di lavoratori, spesso immigrati, senza tutele, costretti ad accettare lavori gestiti anche indirettamente da organizzazioni criminali che si muovono tra economia legale, lavoro nero e attività completamente illegali.
Se pensiamo che in Italia i lavoratori sono circa 25 milioni e che almeno 4 milioni vivono in condizioni di sfruttamento, il dato è chiaro: un lavoratore su venti è fuori da ogni regola di dignità e legalità e presumibilmente anche da ogni garanzia in materia di prevenzione e sicurezza.
Per cambiare davvero le cose dobbiamo garantire a queste persone, oltre ai bisogni fondamentali, anche il pieno rispetto delle regole sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. È un tema complesso, che richiede, non solo strumenti normativi adeguati, ma anche una volontà politica e sociale forte, capace di restituire dignità, legalità e futuro a chi oggi vive ai margini del lavoro regolare.
- Capita che i lavoratori accettino di lavorare con misure di sicurezza ridotti, magari perchè pressati dalle tempistiche... E capita che la responsabilità di infortuni più o meno gravi finisca poi per ricadere su di essi. Cosa suggerisce il sindacato?
Nessun lavoratore deve accettare di lavorare in condizioni di sicurezza ridotte, anche se ci sono pressioni o scadenze strette. La sicurezza sul lavoro è un diritto e deve essere garantita sempre.
Se un lavoratore si fa male perché manca la sicurezza, la colpa non è sua. La responsabilità è del datore di lavoro che deve garantire spazi, attrezzature e procedure sicure e vigilare perché vengano rispettate. In caso di necessità possono chiedere aiuto, il sindacato c’è!
- Qualcosa di cui si parla poco, perchè non fanno cronaca: le malattie professionali. Come siamo messi nel VCO?
Premettiamo che le malattie professionali rappresentano la principale causa di morte di origine occupazionale.
Delle malattie professionali si parla poco, forse perché non fanno cronaca come gli infortuni, ma restano un problema serio e diffuso. Nel VCO, come nel resto del Paese, i casi sono in crescita: secondo i dati INAIL, nel 2023 le denunce sono state 33, nel 2024 sono salite a 53 e, al 31 luglio 2025, se ne contano già 46. Le patologie più frequenti riguardano l’apparato muscolo-scheletrico, l’udito, l’apparato respiratorio e, sempre più spesso, lo stress lavoro-correlato.
Ogni anno in Italia vengono denunciate circa 60.000 malattie professionali, di cui circa 2.000 sono tumori di origine lavorativa. Ma il dato reale è sicuramente più alto, perché esiste un forte problema di sotto-notifica, soprattutto per i tumori. Si stima infatti che solo il 5% dei casi effettivi venga realmente intercettato. Se riuscissimo a far emergere tutti i casi, anche quelli con esiti più gravi, avremmo un quadro inquietante ma indispensabile per fare vera prevenzione.
Su questa materia c’è ancora molto da fare, e il progresso richiede l’impegno congiunto delle istituzioni, delle parti sociali, dei medici del lavoro e di medicina generale, nonché dell’intero sistema sanitario. Solo con un approccio integrato e condiviso potremo garantire diagnosi più tempestive, tutele più efficaci e una cultura della prevenzione che parta davvero dalla salute di chi lavora.
Aggiungo, per coloro che sono affezionati ai alle economie: Rammentiamo che i danni derivanti da infortuni e malattie professionali rappresentano un costo in termini di salute dei lavoratori e per la società, quantificabile in termini economici in circa il 4% del PIL (dati OSHA EU).
